Ha ancora senso l’iscrizione ad un Partito.
E
se quel Partito è quello Democratico, in procinto di un Congresso nella
auspicata premessa di ritrovare slancio e vigore dopo che il responso
elettorale, ma ancor prima, un animo conflittuale ne ha indebolito il
corpo e scosso la mente, domando, ha senso? Io credo di si. Dopo aver
visto e ascoltato le parole, le bugie, le manipolazioni di una
rappresentanza politica che dai più è stata giudicata nuova e per questo
incaricata a Governare, mi sono convinto che è venuto il momento di
metterci la faccia.
Ho
guardato fuori dalla finestra al di là dei confini domestici, e
osservato una Europa che è ben lontana dall’essere riconosciuta Patria
se pur ne possediamo la bandiera.
La
nostra Europa, progetto dei nostri padri, processo lungo e faticoso
iniziato dopo la più grande tragedia bellica della nostra storia rischia
di sfaldarsi negli ingranaggi dell’odio, delle paure ma anche delle
ignoranze, nel senso di non conoscere la storia politica, economica,
commerciale, culturale Europea.
Certo
questa Europa non piace, la bandiera non basta, la moneta non basta, ma
questo ci deve spingere ad andare oltre, a migliorare , a modificare,
non a rinnegare e far saltare l’epica impresa dell’Unione Europea.
Vedo
il caos, vivo la confusione, sono pieno di dubbi, attraversiamo un
“terremoto della storia” ma proprio per questo bisogna metterci la
faccia mettersi in gioco, ricercare una visione. Non facciamoci prendere
dalle paure, aggiorniamo invece il nostro sistema Democratico ai
cambiamenti sociali ed economici che inesorabilmente avanzano. Dignità
delle genti, umanesimo, eguaglianza sono le parole che tornano a bussare
alla porta del nostro tempo.
Le
avevamo date per acquisite e conquistate che quelle parole sono
diventate scontate e poi le abbiamo sciupate e quasi dimenticate.
Rischiamo di lasciare quelle parole fuori dalla porta e ci sono forze che spingono per chiuderla la porta.
I Partiti servono alla Democrazia come l’acqua serve alla vita.
Ho rimesso piede nel Partito Democratico. E’ il mio contributo civile ad impedire che la porta si chiuda.
“Competenza,
professionalità, sintonia con le aspirazioni degli italiani, selezione
dei rappresentanti in base al merito sono condizioni difficili da
ripristinare nell’era della corsa ai follower e al numero di clic su una
piattaforma social. O della fedeltà a cerchi magici di destra e di
sinistra.” Scrive Luciano Fontana in “Un Paese senza leader”. Per
auspicare “l’abbandono della politica dell’istante, della frenesia del
risultato immediato (misurato sul consenso televisivo o digitale), sul
ring su cui ogni giorno ci devono esserci un vincitore e uno sconfitto
certificato dal numero di like. Serietà è una parola cancellata dal
vocabolario della leadership. Così come è scomparsa un’agenda delle
priorità e delle riforme compatibili con lo stato del Paese.”
Ho
preso la tessera del Partito Democratico perché ancora intravedo la
giusta tensione della responsabilità e della serietà nel ricercare
riforme compatibili con lo stato del Paese. Percepisco questo dai
numerosi circoli e da tutti coloro che ancora vi partecipano. Ripartiamo
dal basso.
Battiamoci
nel pretendere e nell’agire affinché lo scopo non sia quello di
piantare la propria bandierina nelle Istituzioni. Lo scopo è difendere
le Istituzioni, salvaguardarle e aggiornarle. Il Partito come custode
della memoria collettiva , pronto a ricordarla quando serve.
Un
Partito Democratico senza presunzione e senza l’arroganza di avere
soluzioni certe ma con l’umiltà dell’elaborazione, dello studio, della
ricerca e infine della proposta a tutti coloro che credono che non ci
sono scorciatoie ma strade da percorrere con costanza e tenacia verso un
benessere sociale sostenibile.
Solo
stando in Europa possiamo difenderci dalle guerre contemporanee. Sono
le guerre dei dazi, delle reti tecnologiche, delle monete, degli
incentivi economici. Sono guerre dove certo non si spara ma gli effetti
sono ancor più feroci quando intaccano la dignità della persona e
l’economia civile e democratica.
Il sovranismo e il populismo che avanza sono il grande inganno contemporaneo.
Non
voglio passare per l’ingenuo o per colui che addormentatosi sul comodo
divano si trova poi ad essere svegliato violentemente con il sedere a
terra.
Gigi Malerba
Nessun commento:
Posta un commento