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domenica 19 gennaio 2020

MEMORIA E RESISTENZA




Come meglio riprendere le attività del nostro Circolo nel nuovo anno il 2020 se non con un evento dedicato al giorno della memoria.  Un giorno che per noi fa parte della base valoriale del fare Politica. E più che mai, come in questo periodo l'idea di contribuire a rafforzare la resistenza al degrado verbale ma anche fattuale che si manifesta con episodi di razzismo odio e antisemitismo diventa una necessità non rinviabile ne delegabile.
La memoria utile a non scivolare nel presente. La memoria per ricordare le atrocità di un passato che ai più sono conosciutoe solo con lo studio e la conoscenza della nostra storia. Le atrocità del secolo scorso non consentiamo che vengano cancellate da sciagurati tentativi negazionisti o dall'emersione facile perchè tacitamente consentita di manifestazioni neofasciste.
Noi resistiamo e respingiamo.

Abbiamo Invitato Pietro Arienti. Scrittore e studioso della storia della resistenza in Brianza. Ha scritto “La Resistenza in Brianza. 1943-1945” nel 2012, “Monza: dall'armistizio alla Liberazione (1943-1945)” nel 2015, prima ancora “Dalla Brianza ai lager del Terzo Reich. La deportazione verso la Germania nazista di partigiani, oppositori politici, operai, ebrei. Il caso dei lavoratori coatti” nel 2011, sempre con Bellavite Editore. 


Vi aspettiamo numerosi venerdì 31 gennaio ai Circolo Pd di Seveso

sabato 4 agosto 2018

L'Italia sta diventando intollerante?

Due fazioni di estremisti si scontrano da alcuni mesi in Italia: secondo una fazione l'Italia è una nazione tollerante, quasi paradisiaca: praticamente non ci sono reati la cui giustificazione è il colore della pelle, il credo religioso o l'orientamento sessuale. L'altra fazione descrive invece un'Italia intollerante, quasi infernale: dove una persona di colore, una persona religiosa o un'omossessuale rischia ogni giorno di morire.
Chiaramente le due fazioni di estremisti sbagliano. Come spesso accade la realtà sta nel mezzo. Ma è difficile dire con esattezza dove.
Purtroppo l'Italia non si è dotata in questi anni di strumenti atti a valutare con sufficiente precisione il nostro grado di intolleranza. In questo campo la nazione più avanzata è la Francia che ogni anno produce un rapporto di più di 400 pagine per analizzare il fenomeno razzismo (e altre intolleranze). E in base alle risultanze del rapporto il Governo francese interviene. Ad esempio quest'anno con una settimana di "tolleranza" in cui sono state organizzate diverse iniziative di integrazione (eventi o pubblicità su media e social). Hanno riscontrato un'aumento delle intolleranze contro gli ebrei e sono intervenuti.
Leggendo il rapporto si apprende che 5,7% degli africani presenti in Francia ha subito ingiurie (razziste, xenofobe o antisemite), il 3,6% dei francesi che hanno acquisito la nazionalità ha subito ingiurie. Meno colpiti i cittadini dell'unione europea con 1,9% e i francesi con 1,7% di essi che ha subito ingiurie.
Insomma... in Francia il problema riguarda un po' tutti, anche se gli africani subiscono ingiurie in misura 3,3 maggiore rispetto ai francesi. Ovviamente il fenomeno intolleranza è studiato anche storicamente, per vedere se c'è un aumento o una diminuzione del fenomeno.
In Francia l'intolleranza nasce maggiormente (quasi nel 50% dei casi) per l'origine della persona o per il colore della pella della Persona.
I reati vengono classificati dai francesi per gravità (vengono spiegati i diversi sistemi di classificazione, compreso il meccanismo per cui, nei casi più lievi, l'intolleranza non viene percepita da chi la commetta): 4 sono i livelli, dal più basso al più alto (lesioni fisiche). Ovviamente i numeri sono "piramidali": tantissime le "lievi intolleranze", meno le "violenze fisiche". Direi meno come numero ma più preoccupanti!)
Tornando all'Italia gli unici dati "neutri" disponibili sono quelli dell'OSCAD, raccolti da Carabieri e Polizia. Tre pagine di rapporto per 7 anni. Infatti l'osservatorio raccoglie le segnalazioni di reati nel periodo 2011-2017.
Con questo metodo però non è possibile vedere se i reati di intolleranza sono in crescita oppure in diminuzione. E, all'interno del totale, quali tipologie di intolleranza sono in crescita. Non viene nemmeno classificato il livello di intolleranza: un'ingiuria o una violenza fisica hanno lo stesso peso: sono due reati.
E' possibile trarre alcune conclusioni però: in Italia più della metà dei reati riguarda il colore della pelle o il paese di origine: una percentuale più alta della Francia. Però, come anticipato, i criteri sono diversi.
Parliamo di reati: cioè di segnalazioni che sono state classificate come reato. Succede, prendendo i dati dell'osservatorio, in poco più della metà dei casi segnalati: su 2030 segnalazioni 1036 sono i reati. Negli altri casi non è stato ravvisato reato.
In Italia 622 volte in 7 anni è stato commesso un reato connesso al colore della pelle o al paese di provenienza (86 volte ogni anno di media, come già anticipato non è possibile dai dati forniti capire il trend), 187 volte il reato era connesso al credo religioso, 140 volte all'orientamento sessuale, 75 volte alla disabilità, 12 volte all'identità di genere.
La conclusione è sicuramente una: in Italia un certo grado di intolleranza esiste. Meno di quello che dice la fazione "buonista", più di quello che dice la fazione "anti-buonista".
Purtroppo però mancano tantissimi, troppi dati per organizzare una risposta concreta al problema: perchè 1036 reati sono un problema. Non possiamo affermare che si tratti di episodi perchè in Italia non sappiamo quante persone si dichiarino intolleranti, razzisti o xenofobi. Non possiamo affermare se sono reati lievi o gravi: semplicemente non lo sappiamo. Non possiamo affermare che sono in aumento. Insomma: le due fazioni continueranno a scontrarsi senza sapere chi ha veramente ragione. E nel frattempo, probabilmente, nessuno farà nulla per affrontare seriamente il problema "intolleranza". Perchè grande o piccolo che sia (rispetto alla popolazione residente in Italia) l'intolleranza è comunque un problema da affrontare. Senza slogan ma con azioni concrete.

Roberto Fumagalli

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