mercoledì 27 gennaio 2021

IL GIORNO DELLA MEMORIA

 Siamo sempre di più, noi qui;

cresciamo di numero giorno per giorno;

i vostri campi sono già saturi di noi 

prima o poi la vostra terra scoppierà.

E allora affioreremmo, orrende schiere, un teschio sui nostri teschi, arti ossuti;

e urleremo in faccia a tutte le genti 

Noi, i morti, accusiamo!


"Una poesia scritta in ceco che sopravvisse alla morte del suo autore ad Auschwitz riassume la rabbia profonda nei confronti dei perpetratori dell'orrore, la ribellione interiore contro la degradazione e la morte, il sentimento, senza dubbio  condiviso da molte delle vittime che il giorno della resa dei conti sarebbe  certamente arrivato."....

Dal libro  ALL'INFERNO E RITORNO  di Ian Kershaw


Nel giorno della memoria il dovere di andare oltre la ritualità per approdare nella conoscenza  della storia.  Come ricordare quando la generazione dei testimoni si stà esaurendo? Solo la lettura della storia alimenta la conoscenza,  luce delle coscienze  e  spinta nell'ardire a 
combattere ogni privazione di umanità nel tempo in cui viviamo.


giovedì 21 gennaio 2021

E SONO 100 DALLA FONDAZIONE DEL PCI

 

Il PCI è stato il più grande partito comunista in Europa. Oggi che cade il centenario della sua fondazione non possiamo sottrarci dal ricordarlo perché non esiste alimento e rafforzamento della democrazia senza memoria storica.

Il Partito, guarda caso, nasce sulla divisione a sinistra il 21 gennaio 1921, la famosa scissione di Livorno durante il XVII congresso Socialista.

E’ stato un grande Partito di massa che ha contribuito a porre le basi democratiche nel nostro Paese nell’immediato dopoguerra.

Ricordarsi sempre che l’insurrezione che noi vogliamo non ha lo scopo d’imporre trasformazioni sociali e politiche in senso socialista o comunista, ma ha come scopo la liberazione nazionale e la distruzione del fascismo. Tutti gli altri problemi saranno risolti dal Popolo, domani, una volta liberata l’Italia tutta, attraverso una libera consultazione popolare e l’elezione di un’Assemblea Costituente.

P. Togliatti   le istruzioni alle organizzazioni di partito nelle regioni occupate giugno 1944

 L’azione del PCI così definita dei due tempi, prima la liberazione  poi le riforme sociali e politiche,  ha permesso all’Italia di dotarsi di un sistema parlamentare democratico anche se questo determinò il risultato di lasciare spiazzato il Partito dalle azioni degli Alleati e dalle forze conservatrici italiane.

Fu un grande Partito di massa come oggi non sapremmo riconoscere o distinguere visto che le nuove generazioni hanno conosciuto i Partiti del leader e dei cartelli, il Partito imprenditoriale (FI di Berlusconi) e il Partito digitale (5stelle). Lascio alla vostra oggettività definire il Partito Democratico.

Così Togliatti scrive nel 1945:

Le sezioni Comuniste nei rioni delle città e dei paesi devono diventare dei centri della vita popolare, dei centri ove devono andare tutti i compagni, i simpatizzanti e quelli senza partito, sapendo di trovarvi un partito e un’organizzazione che s’interessano dei loro problemi e che forniranno loro una guida, sapendo di trovarvi qualcuno che li può dirigere, li può consigliare e può dar loro la possibilità di divertirsi se questo è necessario.

anni 70 assemblea sezione PCI Seveso

Il Partito evitò qualsiasi tentazione estremista e evitò di guidare la classe operaia verso un’impossibile rivoluzione.  “Nella pratica l’obiettivo di unità nazionale nella lotta di liberazione fu posto dai comunisti non davanti ma ad esclusione di tutti gli altri”.

Riconoscere questo e ripercorrere la storia Italiana del dopoguerra vede un PCI fondamentale perno di democrazia e progresso civile della Nazione. Certo non neghiamo gli errori e i ritardi ma non c’è dubbio che il PCI seppe imprimere nella società italiana i temi e i valori che restano tutt’ora sul campo: i valori della democrazia, dell’uguaglianza, della lotta allo sfruttamento, i valori di una società diversa, della pace, dell’equità, dell’inclusione, dei diritti civili e  della salvaguardia ambientale.

Aldo Galli e Amedeo Argiuolo  delegato di fabbrica 
ICMESA fabbrica che nel 1976 provocò uno dei più  gravi
incidente d'inquinamento di diossina

Un elemento che ci piace ricordare e sottolineare: quanto il Partito è stato esigente nell’elaborazione intellettuale e culturale, rifiutando ogni grezza e superficiale valutazione, ma facendo dell’intelligente dibattito, del serrato confronto e rigoroso studio la premessa del suo agire. Un metodo che si ramificava in tutta la sua organizzazione anche quella più periferica.

Molte sono le iniziative i dibattiti e i libri dedicati ai 100 anni dalla fondazione del PCI, basta fare un giro nell’web per scoprirlo. 

Certamente un’occasione per riflettere sull’oggi e sul futuro sfidando tutti coloro che maliziosamente o ingenuamente non ne sentono il bisogno.

GM

martedì 19 gennaio 2021

Sulla (perduta) dialettica politica: apatia democratica e plebiscitarismo .

Mi piace definirmi un amateur dei processi politici e democratici. La mia formazione politica, forse ancora acerba, si potrebbe definire più come un apprendistato sul campo; da studente di violoncello, mi sono ritrovato a indossare la livrea del rappresentante degli studenti, con non poca soddisfazione, ricoprendo ruoli certamente impegnativi ma gratificanti. Il percorso mi ha condotto, giocoforza, data la mia viscerale passione per la “cosa” politica, a tentare di comprendere come determinati processi decisionali prendessero forma e sostanza in quei contesti, notando come la scarsa considerazione sostanziale degli studenti nella formulazione delle scelte politiche influenti comportasse una scarsissima partecipazione degli studenti all’interno della vita istituzionale di istituto e come, di conseguenza, la scarsa partecipazione deteriorasse ancor di più il peso degli studenti nelle decisioni. Ho potuto constatare come questo fenomeno, nella sua complessità che non esporrò qui, sia simile ai sintomi che si manifestano nella totalità dei momenti politici delle realtà nazionali e locali e di come, dunque, da quello che reputo un esempio radicale di apatia, si possano allargare le mie considerazioni alle realtà politiche che noi tutti conosciamo. 

Fondazione Prada 2015

La necessità personale di una riflessione in tal senso scaturisce - oltre che dai recenti avvenimenti in merito alla crisi di governo che, però, rappresentano una situazione anomala rispetto alle crisi precedenti (epidemia di Sars-cov 2 e conseguente senso di responsabilità) - dall'osservazione dei fenomeni di apatia partecipativa e di conseguente sacrificio del principio di rappresentanza - cardine del parlamentarismo estendibile a tutti i consigli rappresentativi locali - sia nelle modifiche istituzionali che nei modi di concepire il processo politico. Questi due fenomeni sono sicuramente correlati, in quanto intercorre tra loro una condizionalità sufficiente e necessaria tale da poter definire tale binomio un "circolo vizioso". Ho tentato di approfondire le mie riflessioni in merito ai processi di cui sopra, tenendo, come punto fermo, la definizione di processo democratico elettivo e partecipativo non tanto come un sistema automatico di affidamento delle redini governative e legislative ad una parte politica in base a metodi elettivi diretti o indiretti, quanto un processo dialettico e critico atto alla creazione di una forte volontà generale, rifiutando il principio dell’alternanza “istituzionalmente forzata” quale strumento democratico, tipico dei sistemi anglosassoni. Un sistema riduzionistico forzato a due polarità tra maggioranze e opposizioni (il bipolarismo maggioritario) crea meccanismi di scelta elettiva a sua volta forzati (la retorica del voto utile), creando una disparità di peso tra le preferenze elettorali dei votanti, una delle cause dell’apatia partecipativa. A ciò si aggiunge anche una critica ai sistemi elettivi plebiscitari che, ancor di più, cambia le basi del metodo democratico, preferendo alla dialettica critica consiliare - intesa come dialettica interna alle assemblee politiche (istituzionali o partitiche) con funzioni di creazione di una volontà generale parziale o totale - la dialettica acritica mediatica e tifosistica incentrata sulla figura del leader. Tutto ciò in nome di una stabilità (o governabilità), comunque non garantita, e su uno snellimento deleterio del momento decisionale democratico che rischia di far divenire la lotta politica un tumulto tra tifoserie; polarizza le scale valoriali delle parti politiche fino alla completa incompatibilità, legando esse alle idee e alle necessità politiche (e umane) del leader, causando una più forte instabilità legislativa e amministrativa. 

L’apatia elettorale e partecipativa è un fenomeno complesso largamente studiato da politologi e sociologi. Non esiste ancora una teorizzazioni che raccolga ogni aspetto di questo fenomeno sebbene i dati empirici raccolti da Maurizio Cerruto nel suo studio La partecipazione elettorale in Italia in «Quaderni di Sociologia 2012» mostrino come l’astensionismo italiano sia legato più da ragioni di apatia che di protesta. Nelle interpretazioni del fenomeno, riprendendo la metodologia di analisi di Stein Rokkan in tre livelli contestuali (macro, meso, micro), Cerruto afferma come, nel contesto micro e, dunque, della soggettività dell’elettore sia: 

“[...] più probabile che una persona vada a votare se ha un interesse generalizzato per la politica, se possiede alcune informazioni di base, se ritiene di poter influenzare le scelte o decisioni con il proprio voto, ovvero si considera dotata di un senso di efficacia: «è molto improbabile che una persona con scarsi interessi per la politica, poche informazioni e limitato senso di efficacia possa motivarsi o essere motivata a sufficienza per recarsi alle urne» (Pasquino, 2009, 71)” 

E’ proprio «il senso di poter influenzare le scelte o le decisioni con il proprio voto» ad influire nella scelta del cittadino di partecipare al momento elettorale (che, per somiglianza, si può allargare al momento democratico consiliare/parlamentare/assembleare). Senso che un sistema plebiscitario disincentiva: i vinti non avranno modo di presentare efficacemente le proprie istanze e i vincitori saranno, tendenzialmente, ben felici di delegare tutta la gestione al leader vincitore senza visione critica, la quale è subito vista come un tentativo di spodestare i vertici. 

L’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione è frutto di un filone di pensiero che vede il cittadino responsabilizzato solo quando può effettivamente influire nella scelta della massima carica esecutiva degli enti con competenze amministrative (richiami al presidenzialismo). Se la maggioranza dei votanti sceglie un candidato, esso diviene il sindaco o il presidente di regione di tutti, mutatis mutandis, con in mano una vasta gamma di strumenti per amministrare il territorio comunale/regionale secondo la legge e secondo, per quanto gli è permesso, la sua discrezionalità, in considerazione del principio di sussidiarietà che l’ordinamento sugli enti locali riconosce nel caso dei comuni. E le preferenze elettorali di chi la pensa diversamente? E’ vero che la rappresentanza delle opinioni politiche, virtualmente, è rappresentata dal consiglio comunale/regionale, ma in che misura, date le leggi elettorali di natura maggioritaria? Un consigliere di minoranza può portare efficacemente le istanze distintive dei propri elettori e delle parti politiche che la pensano come lui senza che si considerino i colori di partito ma solo per mezzo di un processo dialettico critico? Il momento di creazione della volontà generale è stato sostituito dalla continua e reiterata manifestazione della volontà della maggioranza attorno al leader. Quest’ultima, da legittimo sistema di decisione, è stato promosso ad unico arbitro del sistema democratico. Il non poter influire politicamente se non nel momento elettorale, anche se diretto, deresponsabilizza. Ciò avviene perché, in un sistema in cui il vincitore prende tutto (o quasi), il momento più alto di partecipazione politica passa dalla convocazione del consiglio comunale/regionale (e preliminarmente dalle - ahimé - sempre meno attraenti assemblee di partito) alla campagna elettorale. E’ evidente che un sistema del genere garantisca sì la stabilità dei vincitori ma, a lungo decorrere, crei disinteresse nella politica, vista ormai come una semplice scelta del “signorotto” locale e in cui vince chi, tendenzialmente, riesce ad arraffare più voti attorno alla sua figura. Di conseguenza, si può affermare che questa forma di apatia diminuisce la 'domanda' di rappresentanza assembleare, dunque di discussione critica, dato come si possa smuovere efficacemente l’azione amministrativa/governativa grazie ad un uomo solo al comando - tanto meglio se è l’uomo scelto dal votante sulla propria sched(in)a elettorale. Principio il quale, tendenzialmente, diventa sacrificabile per la ragion di Stato - il mito dell’efficienza della discussione parlamentare (come la si definisce? Leggi/ore?) - o per rousseauiani richiami alla democrazia diretta, la quale è divenuta un pretesto per arrogarsi la veste di "vera rappresentanza" del popolo contro le “poltrone” degli oligarchi. Viceversa, le riforme che hanno disposto dei meccanismi elettivi plebiscitari (come le elezioni dirette dei presidenti di regione e dei sindaci) hanno trasformato la lotta politica in una lotta polarizzata che prevede il predominio “forzato” di una parte politica sull'altra invece che risolvere il conflitto costituendo equilibri tra le forze politiche; il cittadino si scoraggia in tal senso dal compiere qualsiasi azione partecipativa che non sia preliminare alle elezioni, come chi fa il tifo per la propria squadra di calcio fino alla fine della partita: c’è chi mostra il suo risentimento per la sconfitta, chi l’accetta - magari preoccupandosi della ormai “famosa” analisi della sconfitta - e chi esulta alla vittoria della propria squadra. In politica, con questi sistemi, vince il più forte, anche in una democrazia che, per definizione, è fondata sull'uguaglianza giuridica dei cittadini. Se nel calcio vince lo sport (quasi sempre), nelle elezioni non vince la democrazia (quasi mai). 

Da dove ripartire? L’apatia va contrastata con forme ragionate e critiche di partecipazione dei cittadini alla vita politica, aumentando la capacità della sfera pubblica di habermassiana memoria di poter avere un suo peso sulle scelte politiche significative della comunità. Vanno incentivati i momenti di discussione critica in cui il cittadino può mostrare e dimostrare la propria visione soggettiva - anche contro chi dell’oggettività delle cose ne fa la propria ideologia (l’amministrazione delle cose come fine della politica). Il ruolo dei partiti, in tal senso, è evidente: definire i propri valori costantemente e far in modo di sintetizzare quanto più possibili in essi le visioni politiche dei cittadini con momenti assembleari diffusi e critici, tenendo ben presente che non esiste un solo paradigma epistemico e politico; che il conflitto tra valori non si risolve nella vittoria di un valore su un altro ma dall’ordine che il conflitto di valori crea: dalla volontà generale che ne scaturisce. In tal senso, appare evidente come sistemi di elezione diretta di stampo plebiscitario neghino la creazione di consessi critici, abbassando la prospettiva politica da una lotta tra valori ad una lotta tra individui, impoverendo la funzione dello sviluppo dell’individuo della politica. Ritornare a sistemi di elezioni di cariche apicali (sindaci, presidenti di regioni) all’interno di assemblee con forte rappresentatività proporzionale, risolvendone quanto più possibile i rischi di opacità, incentiverebbe la partecipazione dei cittadini se, contestualmente, si realizza la più larga partecipazione critica delle comunità locali e nazionali. Partecipazione che contribuirebbe allo sviluppo umano del cittadino, svolgendo altresì un ruolo educativo; in tal modo, sarebbe ben conscio che il suo voto possa essere davvero influente, capace di creare un ordine valoriale e amministrativo il più possibile corrispondente con la volontà generale. 

I rischi di un tal sistema li abbiamo sotto gli occhi: spinte personalistiche all’interno di partiti che ostacolano l’azione amministrativa e di governo, con continue crisi istituzionali e cadute di governi. Ciò avviene per questa cultura diffusa del leader e della gerarchizzazione del processo politico, anche all’interno delle assemblee rappresentative; si rende evidente come non sia tanto il sistema istituzionale ad aver necessità di riforma quanto i processi interni ai partiti e all’interno delle assemblee (conflitto tra segreterie di partito e rappresentanti dei cittadini nelle istituzioni: discussione tendenzialmente bloccata dalle segreterie di partito che impartiscono loro diktat in nome di governismi o di ragioni di Stato). 

La politica moderna è nata dalla discussione critica di principi e di atti ad essi ricollegati. Un ritorno alla scelta plebiscitaria è un ritorno ad una politica che non vuole discutere, ad una politica del potere e dei potenti, ad una politica demagogica e acritica. Qualsiasi compagine politica che si definisca democratica non può permettere questo; deve porsi contro a questi fenomeni e incentivare la discussione critica di atti e provvedimenti. Ne va del bene del “gioco” democratico.

 Jürgen Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, 2006. Maurizio Cerruto, La partecipazione elettorale in Italia in «Quaderni di Sociologia» n.60, 2012, https://journals.openedition.org/qds/537#ftn12 .

Antonio Di Carlo

giovedì 14 gennaio 2021

BUON LAVORO NEO-ASSESSORE - LA NOSTRA REPLICA ALLE DICHIARAZIONI DEL COMMISSARIO PROVINCIALE DELLA LEGA


 

COMUNICATO STAMPA   Seveso 13 gennaio ’21

Matteo Paolo Ottavio Gargarella è stato candidato per “Lega Nord Salvini Lega Lombarda”  al Consiglio Comunale di Cesano Maderno nel 2017 e dal 2019 è Dirigente al Comune di Seveso per nomina della Giunta Municipale guidata dal Sindaco  della Lega

Luca Bonfanti è attualmente Consigliere Comunale a Cesano Maderno in quota “Lega Nord Salini lega Lombarda” è stato Assessore allo stesso Comune dal 2009 al 2011 quando era Sindaco Marina Romanò,  ora è funzionario apicale al Comune di Seveso per nomina del Dirigente Gargarella.

Marina Romanò Sindaco a Cesano Maderno dal 2009 al 2011 ora Consigliere Comunale nello stesso Comune per “Lega Nord salvini Lega Lombarda” Dal suo curriculum si legge che è stata sino a ieri responsabile della gestione segreteria particolare dell’Assessore Regionale alla famiglia Silvia Piani che con il recente rimpasto di Governo in Regione Lombardia  è stata sostituita con Alessandra Locatelli sempre della Lega. Non sappiamo se la Romanò  è passata nelle segreteria della neo Assessore in Regione ma non è certo rimasta a piedi visto la nomina ad Assessore al Comune di Seveso sempre per volere del Sindaco e del suo Partito Lega.

Come si può dedurre esiste una forte commistione tra ruoli amministrativi e ruoli politici se pur in Comuni diversi ma accumunati tutti dall’appartenenza allo stesso partito.

Ora è vero che la legittimità non è solo una questione normativa e istituzionale ma anche politica e d’opinione. Quindi lascio ai cittadini trarre le proprie considerazioni e giudizi. Siamo certi che tutte queste nomine, tutte sotto la cappella Leghista sono avvenute seguendo principi d’indipendenza competenza e responsabilità nell’interesse dell’Ente pubblico?

Con questo ci uniamo alle congratulazioni che il Commissario provinciale della Lega fa alla Romanò non prima di accusarci di irragionevolezza e di aver scelto la via dello scontro e della contrapposizione. Stia tranquillo non è assolutamente così. Nessuna esasperazione, semplicemente una lettura dei fatti e dei comportamenti. Da parte nostra buon lavoro alla Romanò neo Assessore al Comune di Seveso.

Ma come scrive la politologa Nadia Urbinati: “non sono le notizie che istigano i giudizi ma sono questi ultimi che muovono alla ricerca delle notizie”. Ai cittadini il giudizio. Noi continuiamo il nostro lavoro di opposizione trasparente e indipendente nell’interesse della città di Seveso.

 

Gianluigi Malerba

Segr. Circolo 

 


venerdì 1 gennaio 2021

NEL VARCARE LA SOGLIA DEL 2021 i nostri Auguri di Buon Anno


 

Care, Cari,
 
Ci riempiamo il petto con un bel respiro a pieni polmoni nel lasciare alle spalle il 2020 con un liberatorio finalmente.
Nel varcare la soglia del 2021 non possiamo fingere di non portare il peso di un anno difficile, per la sua unicità, imprevedibilità e paura.  Ci credevamo invincibili, unici padroni della terra e invece eccoci qua a rimpiangere la libertà di spostamento a cuor leggero se non a piangere i molti che in tutto il mondo hanno perso la vita per il virus covid 19.

Allora nella consapevolezza che quel profondo respiro liberatorio, che ci fa dire finalmente, non è poi così netto, ha comunque l’indubbio valore di farci bene e di far bene al nostro spirito. Sentiamo tutti il bisogno di ritrovarci e di ricominciare a sperare o forse è meglio dire a vivere.
In fondo che cosa è il passaggio d’anno se non l’occasione per una corroborante ricarica, un voltar pagina assaporando la speranza di poter ricominciare.
E le buone notizie abbiamo ragione di crederci ci sono. Nella primavera del 2021 i vaccini e cure sempre più mirate sono sicuro  che ci porteranno a fare respiri di gratificante soddisfazione e sollievo anche se non saremo ancora fuori dal bosco come scrive Bill Gates nel suo blog che v’invito a leggere anche per comprendere come si è arrivati ai vaccini in tempi brevi e che cosa significa in termini geopolitici.
La pandemia ci ha obbligato a vedere le nostre fragilità. Ma vedere non significa riconoscere. Con   epica violenza il virus ci ha spiattellato sul muso il nostro non essere invincibili e immortali su questa terra ma solo ospiti e per altro non gli unici animali su questa terra ma gli unici dotati di una superiorità evolutiva, quindi ne siamo i massimi responsabili.
Se comprendiamo questo allora agiremo di conseguenza nel mettere in primo piano il valore della scienza, l’innovazione e la tecnologia a salvaguardia della terra e non per il suo smisurato sfruttamento.
Comprenderemo che l’ecologia e i rischi derivanti dai cambiamenti climatici sono questione di vita.
E infine comprenderemo che le disuguaglianze e la democrazia sono strettamente conseguenziali e influenti nei processi di crescita economica che vanno adeguatamente ripresi.
Il nostro Partito lo ha riconosciuto da subito e ha agito di conseguenza nella responsabilità di Governo e nell’azione politica: “per non lasciare indietro nessuno”
Non a caso la parola d’ordine del Partito Democratico è insieme. Un insieme non parrocchione ma multilaterale del termine.
Pensate solo all’emergenza pandemica e se l’Italia non fosse stata parte integrante dell’Europa.
Una concezione che ci fa essere fortemente Europeisti e convinti che con il Next Generations Eu gettiamo le premesse per un Europa più forte e ancor più identitaria.  E’ infatti un ambizioso programma di politica sanitaria, ambientale e tecnologico scientifica oltre che di politica inclusiva. Tocca all’Italia licenziare un Piano per la ripresa e la resilienza efficiente, innovativo, lungimirante e realmente capace perchè ben strutturato a invertire una direzione altrimenti declinante.
La R di ripresa e resilienza è la stessa R che a livello locale abbiamo lanciato con la campagna “spazioR”. Un tentativo, iniziato e che c’impegnerà per tutto il 2021 con implementazioni e aperture al fine di far emergere un’ambizione Sevesina. Non possiamo credere che nella nostra città simbolo di riscatto ecologico e ambientale tutto si riduca all’asfaltatura di qualche via e al rifacimento dei giardinetti pubblici.
Ci auguriamo di poter presto tornare a far politica in presenza perchè la politica si fa guardandoci negli occhi, in gruppo, nelle piazze in accesi confronti diretti e con sane e umane strette di mano.
Nel contempo non cessate di seguirci e partecipare attraverso il nostro blog www.pdseveso.blogspot.com e i social FB e Instagram.
Certo il digitale è un grande strumento, il suo sviluppo e divulgazione a tutti i livelli sociali e anagrafici è una priorità, senza non avremmo potuto fare scuola o gestire molti servizi ma ci è a tutti chiaro quanto è importante che i nostri figli tornino a scuola come che i tanti lavoratori tornino nei loro uffici e aziende.

E il 2021 non può che essere l’anno della ripresa e del ritorno.
Con fiducia e sana speranza buon anno.

Questo è il mio augurio, quello delle nostre Consigliere Comunali e del meraviglioso gruppo che insieme mantiene viva l’attività del Circolo di Seveso del Partito Democratico.
 
Gianluigi Malerba
Segretario di Circolo


GUERRA ALL'ANTIFASCISMO A SEVESO: TEMPI BUI

Chi oggi vi dice che il fascismo non esiste più, si sbaglia. E anche di grosso. Ci sono tanti esempi di neofascismi in Europa e nel mondo ch...